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Altino, area Archeologica

 

Blocchi di trachite della pavimentazione del Decumano del  secondo secolo d.C.

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Il percorso espositivo delle aree archeologiche di Altino inizia dal portico dell'edificio che ospitava il Museo Archeologico Nazionale - ora trasferito - e si apre con tre pannelli esplicativi che trattano il primo della composizione e della funzione dei recinti sepolcrali romani, il secondo della loro collocazione topografica nell'area altinate e il terzo del contenuto delle iscrizioni esposte. L'allestimento si compone di circa una quarantina di monumenti lapidei iscritti di età protoimperiale (I secolo a. C. - II secolo d. C.), che recano indicazioni sulla proprietà e sulle misure dei recinti funerari rinvenuti nelle necropoli altinati della via Annia, della via per Oderzo e della strada di raccordo tra quest'ultima e la via Annia. Presso l'estremità del lato del portico opposto al precedente è esposto un tronco di rovere squadrato rinvenuto nell'area del canale Sioncello e utilizzato probabilmente come rinforzo di sponda. Il percorso termina lungo questo lato con un pannello che illustra la ricostruzione ideale dell'area archeologica altinate.  
Nel piccolo giardino, dov'è visibile la prosecuzione della strada basolata mantenuta a vista nell'area archeologica Est, è stato ricostruito un recinto funerario in blocchi di trachite  proveniente dalla necropoli N-E dell'Annia.


Area Est
I resti più consistenti esposti nell'area Est si riferiscono al settore nord-orientale della città romana, che nel corso dei secoli ha subito importanti trasformazioni di tipo urbanistico.
Età tardorepubblicana: presso il limite orientale dell'area era attivo, fino all'inizio dell'età augustea, un canale orientato in senso nord-sud, precedente alla realizzazione del decumano, immediatamente visibile dall'ingresso all'area archeologica. Una gradinata in calcare, attualmente esposta all'interno di un abbassamento transennato, fungeva da approdo lungo la sponda occidentale del canale. Accanto a questa struttura sono visibili anche i resti di una grande fondazione in opera laterizia a pianta rettangolare, che si estendeva sotto il decumano.
Età augustea: all'occlusione del corso d'acqua succede la costruzione del decumano porticato, esposto per una lunghezza di circa 40 m, a sud del quale è esposto un prezioso pavimento in lastre di marmo con l'inserzione di un elemento circolare su cui poggia una base marmorea, interpretabile probabilmente come sostegno di un tripode per il culto di Apollo.
II secolo d. C.: la strada viene ricostruita in trachite e secondo un tracciato leggermente deviato rispetto al precedente ma mantenendo il portico sicuramente almeno lungo il lato sud. A nord del decumano sono i posti i resti di una domus con pavimentazione a mosaico: il motivo centrale è costituito dalla raffigurazione di un kantharos in tessere vitree policrome, di cui alcune risultano rivestite di foglia d'oro. Di nuovo lungo il lato nord del decumano ma nei pressi dell'ingresso all'area,  sono esposte le pavimentazioni a mosaico di un'altra domus, di cui si riconoscono: l'ingresso (fauces), con un mosaico che rappresenta una pantera che si abbevera ad un corno potorio, probabilmente a rappresentare l'adesione del proprietario al culto dionisiaco; uno spazio centrale aperto e porticato ai lati (atrium); i vani che si affiancavano all'atrium (alae) e il principale vano di soggiorno della casa (tablinum).
IV secolo d. C.: nel settore settentrionale dell'area, oltre i resti della domus, sono esposte le fondazioni di un imponente edificio a pianta rettangolare, forse a destinazione pubblica con funzione difensiva, ricavate dallo scavo di ampie trincee riempite con basoli e crepidini del decumano sui resti della domus del II secolo d. C.


Area Nord
L'area archeologica coincide con l'estensione di un'insula trapezoidale della città romana delimitata a est dal kardo maximus, a sud dalla prosecuzione del decumano esposto nell'Area Est e nel giardino del Museo, a ovest e a nord da un canale che doveva comunicare con il Sioncello e che lambiva la città. I resti più consistenti si riferiscono ad una delle porte urbiche della città, la settentrionale, e al kardo maximus. Il filare di pini marittimi ripercorre l'andamento del canale che delimitava la città a nord. Lungo la sponda dello stesso canale gli scavi hanno messo in luce una grande struttura in parte porticata e dotata di una banchina di ormeggio, interpretabile come un deposito di merci connesso con un molo fluviale. L'impianto della porta e della struttura porticata risale alla fine del I secolo a. C.
La porta urbica: l'edificio è costituito da una corte centrale a pianta quadrata di 9 m di lato e da due torri quadrangolari presso gli angoli settentrionali; presenta fondazioni in blocchi di arenaria legati da malta e costruite sopra una palificata in grossi tronchi di rovere; l'alzato era in laterizi. Ai lati della porta gli scavi hanno messo in luce un breve tratto delle mura della città, che, però, non si distribuivano lungo tutto il suo perimetro e, pertanto, sia la porta che le mura tendono ad essere interpretate non tanto come un'opera a carattere difensivo, quanto, piuttosto, come un ingresso monumentale alla città. Originariamente l'accesso dall'esterno avveniva attraverso un approdo dal canale che cingeva la città, pertanto il complesso della struttura nell'impianto originale è da interpretare come una porta-approdo.
Il ponte: di poco posteriore alla porta è un avancorpo rettangolare addossato all'interturrio, sostenuto in parte da palificate e in parte dalle riseghe di fondazione delle torri. Esso si interpreta come il basamento di un ponte che attraversava il canale e portava all'esterno della città. Alla fine del I secolo d. C. l'espansione verso nord dell'area urbana determinò l'interramento del canale.      

 

 

Approfondimenti web:

 

Approfondimenti bibliografici:

 

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pubblicato il 2017/01/18 17:25:00 GMT+2 ultima modifica 2018-11-08T12:49:38+02:00

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